19 Aprile 2021
De’ Ricci: riscoprire la nobiltà del Vino Nobile di Montepulciano
Di tutti i vini d’Italia, il Vino Nobile di Montepulciano sfoggia le credenziali più venerabili: un nobile nome legato a una leggendaria città collinare; un’eredità che risale al 1685 quando il poeta Francesco Redi dichiarò “Montepulciano d’ogni vino è il Re”; la distinzione di essere la prima denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) italiana.
Tuttavia, come scrissi in un articolo per Decanter nel 1987: “Alcuni produttori, confortati dall’eco sentimentalista della tradizione, sarebbero stati felici di continuare a vivere la leggenda a oltranza, facendo le cose più o meno come i loro antenati. Perché se mai c’è stato un vino che ha rappresentato i vecchi tempi in Toscana, quello è il Vino Nobile di Montepulciano. Tuttavia i produttori più pragmatici insistevano che il Vino Nobile non era all’altezza del suo nome per qualità, prestigio o prezzo – chiaramente oscurato dal Brunello di Montalcino, il dirimpettaio relativamente più giovane tra le colline elette della provincia di Siena.”
A quel tempo, di circa quaranta produttori, forse una dozzina si poteva definire “illuminato”, anche se, secondo il mio punto di vista ipercritico, non più di una manciata raggiungeva l’eccellenza. Nei decenni successivi, il progresso fu dilagante con investimenti in cantine, vigneti e competenze enologiche. Nonostante tutto, la tendenza era quella di standardizzare il Vino Nobile in vini di ampia struttura e colore carichi di rovere, in linea con l’allora in auge “stile internazionale” sostenuto dalla critica a suon di punteggi. Quello stile, che spesso si basava sull’uso delle cosiddette varietà migliorative (Merlot, Cabernet, ecc.) per rafforzare il Sangiovese di base (qui conosciuto come Prugnolo Gentile), non mi è mai piaciuto molto. Così negli ultimi tempi il mio interesse per il Nobile è scemato fino al punto di scegliere l’occasionale bottiglia senza allontanarmi troppo dalle cantine che ammiravo negli anni ’80.
Recentemente, sono stato scosso dalla mia apatia quando il team di Heres mi ha informato che avevano iniziato a collaborare con un produttore di Vino Nobile, un certo De’ Ricci, e i vini, beh, devono essere bevuti per essere creduti. Mentre aspettavo con il mio consueto scetticismo l’arrivo delle bottiglie, mi sono potuto confrontare in video intervista con Enrico Trabalzini, che ha fondato l’azienda nel 2015, con sede nello storico Palazzo De’ Ricci nel centro di Montepulciano.
Enrico, che gestisce l’azienda con la moglie Antonella e i figli Nicolò e Francesco, ha rivelato che la sua passione per la vite e il vino risale al 1995, quando reimpiantò i vigneti ereditati dal padre. Ha ricordato che da ragazzo era stato praticamente “adottato” dalla famiglia De’ Ricci ed è per questo che i Trabalzini hanno potuto acquistare il palazzo con le magnifiche cantine storiche descritte come una “cattedrale del vino”. Enrico, agronomo di formazione, si occupa dei 30 ettari di vigneto concentrati principalmente intorno alla tenuta di Fontecornino dove si trova la nuova cantina di vinificazione gestita dal figlio enologo, Nicolò, con l’appoggio dal consulente Maurizio Sentini. Come dice Enrico, in parole povere, la filosofia De’ Ricci mira a raggiungere l’eccellenza nel pieno rispetto della tipicità del territorio.
Finalmente mi sono arrivate anche le bottiglie: un Vino Nobile di Montepulciano DOCG 2018, un Vino Nobile di Montepulciano DOCG Soraldo 2016, e un Rosso di Montepulciano DOC 2018. È si, sono vini da bere per credere, un’autentica rivelazione per un palato veterano esasperato da overdose di Sangiovese sopra le righe.
Lasciando i gustosi dettagli a un profilo successivo su Heres Wine stories, basti dire che nei vini di De’ Ricci ho riscoperto la nobiltà del Vino Nobile.
ENGLISH
De’ Ricci: Rediscovering the Nobility of Vino Nobile di Montepulciano
Of all the wines of Italy, Vino Nobile di Montepulciano boasts the most venerable credentials: a noble name linked to a legendary hill town; a heritage dating beyond 1685 when the poet Francesco Redi declared “Montepulciano of all wines king;” the distinction of being the nation’s first appellation granted the government guarantee of DOCG.
And yet, as I wrote in an article for Decanter in 1987: “Some producers, soothed by sentimentalists who ramble on about tradition, would have been content to go on living the legend forever, doing things more or less as their ancestors had. For if ever there was a wine that represented the old days in Tuscany it was Vino Nobile di Montepulciano. As pragmatists insisted, Vino Nobile was not living up to its name in quality, prestige or price—clearly overshadowed by Brunello di Montalcino, its relatively youthful neighbor across the hills of Siena province.”
At that time, among some forty producers, perhaps a dozen showed signs of enlightenment, though in my hypercritical view, no more than a handful ever achieved excellence. Through ensuing decades, progress was rampant with investments in cellars, vineyards and winemaking expertise. Yet through it all I noted a tendency to standardize Vino Nobile in wines of ample structure and color laden with oak in line with the overblown “international style” promoted by point-driven critics. That style, which often relied on the use of so-called ameliorative varieties (Merlot, Cabernet, etc.) to bolster the basic Sangiovese (here known as Prugnolo Gentile), never much appealed to me. So in recent times my interest in Nobile waned to the point of cherry picking a bottle now and then mainly from wineries I admired back in the 1980s.
Recently, I was jolted out of my apathy when the Heres team informed me that they’d taken on a producer of Vino Nobile, a certain De’ Ricci, and the wines, well, they have to be tasted to be believed. While waiting with my habitual skepticism for bottles to arrive, I was able to engage in a video interview with Enrico Trabalzini, who founded the winery in 2015, with headquarters in the historic Palazzo De’ Ricci in the center of Montepulciano.
Enrico, who runs the winery with his wife Antonella and sons Nicolò and Francesco, revealed that his passion for vines and wines dates to 1995, when he replanted vineyards inherited from his father. He recalled that as a boy he was practically “adopted” by the De’ Ricci family and that’s why he was able to acquire the palazzo with magnificent cellars that have been described as a “cathedral of wine.” As an agronomist, Enrico manages the 30 hectares of vineyards mainly around the Tenuta Fontecornino, with modern cellars where his son Nicolò is the winemaker working with consultant Maurizio Sentini. As Enrico Trabalzini put it, the De’ Ricci philosophy, simply stated, aims at achieving excellence while fully respecting the typicality of the territory.
Well, the wines arrived: a Vino Nobile di Montepulciano DOCG 2018, a Vino Nobile di Montepulciano DOCG Soraldo 2016, and a Rosso di Montepulciano DOC 2018. And yes, they had to be tasted to be believed, because they turned out to be revelations to a veteran palate jaded by overdoses of overblown Sangiovese.
While leaving the delicious details to a follow-up profile in Heres Wine stories, suffice it to say that in the wines of De’ Ricci I’ve come to rediscover the nobility of Vino Nobile.