27 Luglio 2023
“Il Lambrusco, nella sua lunga storia è stato uno dei vini italiani più vivaci e conviviali, ma anche uno dei più incompresi e maltrattati e, in definitiva, uno dei più amati. Amato soprattutto dalla gente della sua terra d’origine, l’Emilia, ma anche da un numero crescente di forestieri, tra cui un nugolo di scrittori, che non si sono dovuti impegnare troppo ad apprezzarlo, perché è un vino che sin dal primo zampillo di bolle ti ammalia e ti lascia – almeno nel mio caso – sedotto senza speranza.”
Burton Anderson
Silvia Zucchi è la terza generazione di una famiglia con una lunga storia di vinificazione nella zona di Sorbara. L’azienda si trova a nord di Modena, lungo le rive dei fiumi Secchia e Panaro, dove esiste un microclima unico nel suo genere, oggi messo a repentaglio dagli sconvolgimenti climatici e dall’assillo della flavescenza dorata. Dopo essersi laureata in enologia a Conegliano, Silvia è tornata a casa per dedicarsi all’azienda di famiglia. Il suo ritorno ha portato un rinnovamento ancora in corso alla cantina e una spiccata attenzione alla qualità. Dopo la sua decima vendemmia, alla soglia dei 30 anni, ha deciso di creare una linea che porta il suo nome, Silvia Zucchi in Purezza.
Silvia si concentra su una piccola produzione, imbottigliando vini provenienti dalle vigne più vecchie e dalle selezioni clonali cercate “con il lumicino” dagli ormai sempre più rari coltivatori-custodi di zona. Uno dei custodi del Sorbara è Ilario, a Sozzigalli, dove gestisce una vigna allevata con l’antico sistema detto Belussi. Durante la nostra visita in una giornata di metà giugno, Silvia e Ilario sembravano due ragazzini che si inseguivano sotto gallerie verdeggianti dove le piante di Sorbara si arrampicano ben oltre 2 metri di altezza.
Il Belussi, o Bellussera, ricade tra i vari metodi di allevamento dismessi in epoche dove la coltivazione dei vigneti cominciava a dover supplire alle esigenze di produzione in scala (semi) industriale. a scapito di quelle familiari. Ma come tutte le tendenze, anche la viticoltura perde e ritrova se stessa nel ciclo della storia. Silvia non ha fatto altro che aprire gli occhi e con enorme determinazione, cercare soluzioni per far sopravvivere non solo una varietà, una zona, un gusto, ma dare un senso “del Sorbara” che incentivi un percorso di condivisione.
Vi rimandiamo agli articoli precedenti di Silvia Zucchi sul nostro blog.